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San Simplicio

 

Questa chiesa è il simbolo stesso di Olbia, ogni anno si festeggia a metà maggio ed è il patrono di Olbia e della Gallura. Era il primo vescovo di Olbia e sotto l'altare c'è il suo reliquiario.

È la miglior conservata e la più completa tra le poche chiese romaniche della Gallura.

Simplicio non fu solo il primo vescovo di Olbia, ma dell’intera Sardegna e l’ultimo in questa regione ad essere divenuto martire. E' il patrono della Diocesi di Tempio e della città di Olbia. Fu martirizzato in questo luogo da Diocleziano il 15 maggio 304 d.C., data in cui si festeggia il santo.

La splendida chiesa fu realizzata in tre epoche diverse:

PRIMA FASE - Seconda metà del XI secolo (mura, abside, pilastri, colonne, navate)

SECONDA FASE - Primi decenni del XII secolo (copertura navate, aggiunta in altezza dei muri perimetrali)

TERZA FASE - Metà del XII secolo (copertura e facciata)

La chiesa che vediamo oggi sorge su una precedente pieve del VII secolo, essendo Simplicio vissuto nel IV secolo, qui venne realizzato un primo edificio di culto subito dopo la sua morte, una chiesetta paleocristiana costruita tra il 594 e il 611.

La chiesa è stata costruita sopra una necropoli romana, divenuta poi cristiana, utilizzandone anche il materiale. La posizione della chiesa un tempo era fuori le mura della città anche se oggi si trova nel centro cittadino.

Nel frontone sono disposti a croce quattro bacili in ceramica ed altri quattro orizzontali sono presenti nella lunetta della trifora con due differenti colonnine. In quella di sinistra vi è scolpito un piccolo volto e un serpente sul lato, mentre quella di destra riporta la classica “colonna annodata” ricorrente in molte chiese, che nella simbologia cristiana rappresentava l’Immortalità dell’Anima.

 

La colonna, elemento portante di un edificio che rappresentava anche la materialità, annodandosi sarebbe divenuta "spirito", innaturale, perdendo il suo corpo di sostegno. I capitelli sono in pietra lavica nera con decorazioni in foglie d’acanto l’uno e figure di uccelli l’altro.

Dalla facciata emerge una grossa pietra forse anticamente sosteneva un sarcofago.

A destra vi è una figura che ricorda l’impronta di una conchiglia, presumibilmente un fossile applicato successivamente o forse un simbolo voluto. Ai lati vi è una fila di archetti.

Sotto una piccola arcata a sinistra della facciata vi è una solitaria decorazione in stile longobardo che conferisce all’intero complesso un’impronta di inconfondibile stile romanico. Vi è rappresentato un uomo a cavallo con davanti forse un cane e in alto un altro uomo, immagine enigmatica alla quale non è stato ancora dato un significato preciso.

 

Molte sono state le sue interpretazioni, c’è chi vi vede l’entrata di Gesù a Gerusalemme, chi addirittura una battaglia tra cavalieri e chi semplicemente un uomo a cavallo con un cane accanto.

La copertura era originariamente in granito, ma per il peso crollò, episodio questo che obbligò i costruttori a reinterpretare il progetto utilizzando mattoni in cotto.

Ma il granito, elemento principe negli edifici sardi, non fu abbandonato, perché venne comunque utilizzato per tutto il resto della chiesa.

L'interno è a tre navate con sette pilastri alternati da cinque colonne (probabilmente di recupero). Gli unici capitelli decorati sono nella seconda colonna a sinistra con teste di capra o ariete e nella quarta colonna a destra con volti umani (mascheroni) con occhi a bottone e bocca e labbra serrate.

Nel presbiterio è presente un busto in legno di San Simplicio del 1600 con all’interno relativo reliquario. Le ossa furono ritrovate nel 1614 durante alcuni scavi attorno alla chiesa, evento che mobilitò l'intera regione. Simplicio infatti era talmente venerato dal popolo sardo che alla notizia innumerevoli diocesi fecero richiesta di alcune parti di reliquie e, per accontentarle tutte, venne deciso di “ridistribuirle sul territorio”.

Nell'abside vi sono tre frammenti di antichissimi affreschi raffiguranti probabilmente San Simplicio e San Vittore, anch'egli vescovo di Olbia nel 595. Gli affreschi sono del XV secolo, rappresentano i due santi e un corteo di fedeli.

L’abside è rivolta in maniera anomala a occidente. Probabilmente il progetto originario comprendeva due absidi contrapposte, ma delle quali venne utilizzata solo quella rivolta ad ovest.

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